Non è solo colpa della politica che li ignora. Con il declino dei media tradizionali hanno smesso il ruolo di guida e si sono avvitati in una spirale tra comparsate nei talk e arroccamento nelle università. L’intellettuale è diventato organico soprattutto a se stesso
Se gli economisti, e in misura minore i giuristi, godono di una visibilità mediatica che li rende di per sé attraenti agli occhi della politica, lo stesso non si può dire per gli storici, i filosofi, i letterati, e più in generale per chi frequenta per mestiere le materie umanistiche. Nei decenni della Prima repubblica il dialogo tra politica e cultura umanistica, e più specificamente tra politica e cultura storica, è sempre stato molto intenso. Lo ha testimoniato recentemente Carlo Azeglio Ciampi ricordando la sua esperienza di giovane normalista e la sua formazione storico-filologica in una lettera rivolta tre mesi prima di morire al Direttore della Scuola Normale di Pisa. In quella lettera Ciampi ha rivendicato con orgoglio di aver sempre utilizzato nel corso della sua vita professionale “un metodo nella sostanza non diverso da quello applicato a un frammento nei memorabili seminari di Giorgio Pasquali”. Storia, autobiografia e politica si intersecarono in modo naturale, quasi fisiologico, nell’esperienza di molti uomini di cultura della sua generazione e di quelle di poco successive alla sua.