sabato, Marzo 25, 2023
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Massimo Giovanelli ci racconta i segreti della Scozia del rugby

“Gli scozzesi sono fortissimi nel gioco rotto, cioè aggressivo, sporco, da guerriglia. Ci vorrà cuore, ma anche testa. E non disperdere quello che di buono avevamo costruito e mostrato”. Intervista all’ex capitano della Nazionale italiana 

La Scozia, la prima a entrare in campo internazionale, il 27 marzo 1871, a Edimburgo, nel cricket club degli Academicals, un rettangolo verde di pioggia e vento, quattromila curiosi e patrioti, due tempi di 50 minuti ciascuno, 20 scozzesi contro 20 inglesi. La Scozia, la prima a vincere, 1-0, a quel tempo valevano solo i calci e le mete servivano a tentare (“try”) la trasformazione decisiva. La Scozia, la patria di Ned Haig, professione macellaio, non sul campo ma in una bottega, inventore del rugby a sette a Melrose; la patria di Jock Wemyss, pilone, che aveva perso un occhio durante la Prima guerra mondiale, e a chi gli chiedeva quanti errori avesse commesso giocando, rispondeva che lui ne aveva visti solo la metà di quelli che gli attribuivano; la patria di Jim Telfer, giocatore e poi allenatore, che sosteneva che “otto giocatori in una ruck sono pura poesia in movimento”. La Scozia, proprietaria, almeno secondo la leggenda, del mitico cucchiaio di legno in un castello delle isole Orcadi. La Scozia, l’ultima avversaria dell’Italia nel Sei Nazioni 2023 (sabato alle 13.30, a Edimburgo e su SkySport1 e Tv8), ma anche la prima nel torneo del 2000.


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